mercoledì 26 agosto 2009

Lame (parte 2)

Quando ripresi conoscenza mi trovavo nella grande vasca di pietra.
E' questo un luogo particolare, dove il calore delle acque è intenso pur senza essere nocivo o doloroso per la pelle. L'acqua bollente trasuda dalla pietra stessa che compone la grande vasca rettangolare in un continuo, lento stillicidio inesauribile, senza alcun suono: questo rende silenzioso in modo quasi irreale tutto l'ambiente che, saturo di vapore, ricorda da vicino una landa avvolta nella nebbia.
Non è infrequente, immersi in questa vasca, raggiungere stati d'animo e condizioni dello spirito lontane dalla normalità e fuori dal controllo razionale. Spesso questo luogo è utilizzato espressamente per questo scopo, sperando che il raggiungimento di una maggiore libertà mentale ed un distaccamento temporaneo dal proprio corpo sia d'aiuto alla comprensione ed alla riflessione circa problemi altrimenti difficili da affrontare.
Ma la meditazione non è l'unico scopo della vasca. Al contrario, non di secondaria importanza è anche la sua finalità terapeutica: l'immersione nelle acque di misteriosa origine che contiene risulta in moltissimi casi benefica per il fisico e molto rigenerante, fin quasi a sembrare miracolosa.

Quando aprii gli occhi e realizzai dove mi trovavo, subito capii che qualcuno doveva aver trasportato il mio corpo fino a lì dopo averlo trovato svenuto sotto la finestra dove avevo tentato di utilizzare le lame su di me.
Ricordando improvvisamente i dettagli di ciò che era accaduto, d'istinto mi analizzai le mani e scoprii che erano ritornate alla loro forma usuale, senza traccia della presenza delle lame. I bracciali rilucevano sottili sui polsi, in apparenza nulla più che piccoli ornamenti argentei. Mi tastai il fianco che avevo penetrato poche ore pima, ma anche lì non scoprii che un vago indolenzimento, assolutamente privo di qualsiasi segno visibile dell'impresa tentata. Sembrava un dolore dormiente, nascosto sotto la carne e i muscoli, che per ora rimaneva remoto ma che qualche movimento o pensiero repentino avrebbero potuto risvegliare senza difficoltà.
Dalla nebbia accanto a me, una sagoma si avvicinò, piegandosi sulle ginocchia fino ad avere il viso vicino al mio.

Vin mi scrutava con aria indagatrice, cercandomi qualcosa negli occhi. Doveva essere stato lui a trovarmi ed ora forse cercava di capire se si fosse trattato di un mio errore o qualcosa di voluto, se fosse stato un mio esperimento sfuggitomi di mano oppure qualcosa di ponderato. Nemmeno io avrei saputo dirlo.
Distogliendo gli occhi dai miei disse: "Hai una luce nello sguardo che sembra accesa in lontananza"
Aveva ragione, così mi sentivo. Come se il tentativo di risvegliare in me quella luce che ancora era bloccata fosse riuscito solo in parte: si era accesa, ma era flebile e distante, più simile ad un faro scorto da lontano che ad un fuoco vivo e bruciante. C'era ancora del lavoro da fare, ma almeno qualcosa era cambiato.

Mi aiutò con genti delicati ma decisi ad uscire dalla vasca e rivestirmi. Non stavo male, ma avevo la sensazione di muovermi non in perfetta sincronia con il mio corpo. Sulla pelle notai molte più piume nere della volta precedente, concentrate soprattutto sulle spalle e sulla schiena, ma la cosa non mi turbò. Non saprei dire per quale strano meccanismo mentale, consideravo normale la mia somiglianza a volte più a volte meno marcata con un corvo: lo percepivo come un aspetto misto al mio essere che ad intervalli si mostrava.
Gli abiti che mi aiutò ad indossare erano diversi dal solito. Sempre di colore nero, ma tagliati e lavorati meglio, come se fossero stati creati con più cura, su misura per me. Trovai che mi stavano bene.
"Preparati con cura", disse Vin; "hanno chiesto di te gli ambasciatori"

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