mercoledì 2 settembre 2009

La piana del Cerchio

Il vento sibilava tra le fronde degli alti alberi, freddo. Era una giornata scura e nuvolosa, plumbea con il suo sentore di pioggia onnipresente.
Camminai fino alla zona proibita e seppi di essere nei territori riservati al Cerchio dai contrassegni sospesi ad alcuni rari rami e dai simboli incisi sui tronchi. La magia era così forte in questi luoghi da essere quasi palpabile.
Halo si fece più visibile, mentre le lame erano ritratte al massimo, quasi impercettibili sotto la pelle. Mi sentivo pervadere da una forza salda e decisa, generata dall'unione dell'energia della donna misteriosa con la mia.
Quando giunsi in prossimità della radura scorsi gli anziani che mi attendevano. Al centro del vasto prato c'erano cerchi concentrici di pietra bianca e levigata, che avevano funzione di amplificatori energetici. Salutai con rispetto i presenti e mi accinsi ad ascoltare ciò che avevano deciso riguardo il mio incarico sul piano materiale.

"Nonostante la grave mancanza dell'altro giorno, abbiamo deciso che il tuo incarico sul piano materiale debba essere mantenuto"
Sorrisi. Avrei voluto nascondere meglio la gioia che questa notizia mi dava, ma non ne fui capace. Ringraziai.
"Non è per accontentare i tuoi desideri che abbiamo preso questa decisione, bensì per favorire Amyst. Abbiamo tenuto conto anche della ferma opposizione che Turisas manterrà a tale decisione, e speriamo vorrai considerarla anche tu, per evitare in futuro avvenimenti come l'ultimo"
Risposi che capivo e assicurai che non si sarebbe più ripetuto nulla di simile. Con l'energia nuova che mi scorreva dentro, ogni cosa appariva diversa, più semplice, più gestibile. Sapevo che sarebbe stata una facilità passeggera, ma questo non mi impediva di apprezzarla.
Un tuono rombò lontano. Sollevai il viso e ricevetti le prime gocce di pioggia sulla pelle, ad occhi chiusi.
Mi sentivo come mai prima d'ora, un essere completamente nuovo.

I sigilli

Delicatamente, sentivo le sue mani scivolarmi sul collo.
Era arrivata alle mie spalle con passo leggero ed aveva iniziato a sfiorarmi con dita eteree, desiderabili, che ad ogni tocco aumentavano il bisogno del successivo. Non erano massaggi e non erano neppure carezze: era semplicemente il continuo, prolungato e bellissimo toccarsi della pelle.
Ci trovavamo nella stanza piccola e priva di finestre dove Hebe aveva stabilito la mia connessione con il piano materiale pochi giorni prima. Non ero in grado di ricordare come fossimo arrivati lì, mi sentivo come sotto l'effetto di un qualche narcotico.
Ad ogni suo respiro mi raggiungeva un brivido come un sospiro, caldo e intenso, che mi correva lungo la schiena e sembrava entrarmi dentro, a fondo, fino al centro del petto. Il punto energetico sotto lo sterno mi bruciava di un fuoco continuo, saldo, forte. Il resto del corpo invece, lo sentivo debole e freddo, stanco e bisognoso di sonno.

Sapevo che non era lei.
Anche la donna che avrebbe potuto fare ciò che questa faceva, ma sapevo che non era lei, non avrei potuto confondere il suo tocco con nessun altro. Tuttavia lasciavo che questa donna continuasse la sua strana magia, che mi scaldasse i punti più ricettivi stimolandoli con i suoi sospiri, lentamente.
Sempre senza potermi voltare, la sentii tracciarmi dei segni sulla pelle, come sigilli in un rito sconosciuto.
Il primo sigillo fu tracciato sull'addome, appena sopra la cintura. Ad occhi chiusi vidi accendersi una luce arancione dietro le palpebre e penetrarmi all'interno. Il secondo sigillo mutò la luce in rosso e mi fu tracciato sullo sterno. Mi scossero i brividi, ma subito le sue mani passarono a disegnare un sigillo nuovo sulla gola, che colorò la mia visuale di viola e azzurro. Infine un sigillo giallo mi fu tracciato tra gli occhi ed uno di colore bianco alla sommità del capo.

Le sue mani si staccarono da me e immediatamente Halo si fece più stretto e caldo, accendendosi.
Aprii gli occhi ma non potevo vedere nulla, probabilmente ogni luce era stata spenta. Gli occhi della mente mi mostravano invece immagini del mio corpo inondato di verde all'altezza dei polmoni, luccicante di blu sulle palme delle mani e sui piedi, per poi illuminarlo interamente di un'opalescenza priva di colori definiti e abbagliante.
Hebe mi sussurrò che ora potevo raggiungere la piana del Cerchio, nella zona sacra della foresta dove gli anziani mi aspettavano. Così, sempre senza voltarmi ad osservare chi fosse la donna che con il suo rito mi aveva sfiorato il corpo in quel modo, feci per allontanarmi.
Ma nel buio sentii la porta che si chiudeva alle spalle di Hebe e mi resi conto che eravamo rimasti soli, io e la donna sconosciuta. Lei mi posò le mani sulle spalle e mi voltò. La ascoltai respirare. Senza più contatto, sentivo la sua presenza a pochi centimetri da me, il suo magnetismo, l'energia che le turbinava intorno.
Era potente, incredibilmente potente. Un tempo avrei desiderato il suo sangue, ora tutto ciò a cui potevo pensare era l'insieme straordinario di sensazioni che la vicinanza a un'energia tanto forte scatenava.
"Chiama i tuoi demoni", disse con voce misurata ma che conteneva una nota metallica. "Non posso unirmi a te, ma devi assorbire parte della mia energia perchè il rito si concluda. Quindi chiama i tuoi demoni"

Fu facile.
Li sentii emergere dalle ombre che ci circondavano e prendere corpo intorno a lei, assorbire la sua energia ed intrappolarla nel loro vortice per poi avvicinarsi a me ammantati d'essa.
In pochi secondi fui in balia delle loro carezze, delle bocche infuocate che possedevano, dei denti con cui mi graffiavano la pelle e dei baci con cui mi guarivano. E sopra a tutto, come un lenzuolo immenso ed un'aura onnipresente, pulsavanole vibrazioni potentissime e della sconosciuta, che cono ogni attimo di piacere attraverso i demoni mi veniva trasmessa sempre più a fondo, fino ad essere in ogni mia fibra e in ogni mio respiro.
Lasciai che i lampi di luce e buio si susseguissero e si fondessero, lasciandomi scivolare fuori e dentro l'anima come molte volte avevo fatto, fino a che tutto per alcuni minuti ebbe lo stesso colore senza nome e fu avvolto dallo stesso completo silenzio.
Quando ancora ansimante riaprii gli occhi e seguendo una flebilissima luce raggiunsi l'uscita, sia i demoni che la donna se ne erano andati.

martedì 1 settembre 2009

(Inciso: Passato)

La giornata era limpida, il sole accecante nel cielo immacolato. Il rumore del mare arrivava forte attraverso l'aria carica del suo profumo, dal fondo della scogliera fino alla sua cima, dove si poteva scorgere appollaiata la sagoma di Ylai.
Nero su bianco, il suo profilo si stagliava contro la roccia più alta, coronato di qualche piuma di corvo che lenta cadeva nel vento, planando placida verso i flutti.
Dal giorno del litigio con Turisas, il consiglio non aveva più emesso comunicazioni nei suoi confronti, lasciando in sospeso anche l'autorizzazione ad aprire il passaggio con il piano materiale che Ylai tanto impazientemente attendeva.

Non avrebbe mai creduto di avvertire tanta nostalgia del piano materiale, ma in fondo si trattava in parte della sua terra d'origine: sebbene suo padre infatti provenisse dal piano mediano, sua madre era per intero originaria del mondo fisico.
Come una donna di un piano avesse potuto incontrare un uomo provenietne da un piano differente e addirittura generarvi un figlio era un fatto piuttosto complesso, che solo in parte alcuni intuivano. Di certo aveva aiutato la particolare propensione della donna verso il fantastico e la sua a volte addirittura patologica incapacità di distinguere le sensazioni e le esperienze fisiche da quelle mentali; di certo era stato fondamentale anche il legame di suo padre con il demone che in parte lo possedeva e aumentava la sua forza ed il suo potere di spostarsi e vedere attraverso i piani; di certo era inoltre stato vitale che la sua nascita attirasse l'interesse di alcuni spregiudicati scienziati che avevano supperito con la tecnica alle mancanze che la follia e la magia non avrebbero potuto colmare. In definitiva, la nascita di Ylai e quella di suo fratello costituivano un piccolo mistero, perfettamente amalgamato ai molti lati che circondavano la sua famiglia agli occhi del mondo.

Si lasciò sfuggire un sospiro impaziente mentre osservava il volo di alcuni uccelli distanti, contro il sole abbagliante. Nei suoi ricordi le giornate di pioggia trascorse nel vecchio piano ormai scomparso erano così tante da rendere sempre un po' estraneo e inquietante il paesaggio spesso luminoso di Amyst. A volte credeva di avere nostalgia del vecchio mondo dove suo padre regnava, delle sue atmosfere cupe, forse anche della sempiterna guerra che lui e gli altri soldati avevano combattuto per anni interminabili. Tutto era molto definito allora, gli obiettivi chiari, gli ordini indiscutibili.
Indiscutibili... Chiuse gli occhi e di colpo vide sfilare dietro le palpebre le immagini del suo tradimento, della disobbedienza clamorosoa che aveva dato una svolta al conflitto e lo aveva fatto esiliare, del confuso periodo di incoscienza che era seguito.
Tornando di colpo a fissare il sole, provò con decisione a scacciare quei ricordi.
Era un'altra epoca, un'altra vita. Un capitolo chiuso.

Ylai si alzo lentamente e rimase in piedi sull'orlo della scogliera qualche istante. Poi voltò le spalle al mare e si allontanò lungo il piccolo sentiero che si inoltrava nel fitto del bosco.

venerdì 28 agosto 2009

Un sorriso

Solo quando le lame si furono ritratte quasi per intero ebbi di nuovo il coraggio di guardarmi intorno.
I miei amici erano assorti nelle discussioni del consiglio circa la necessità di rafforzare le connessioni al nostro piano provenienti dagli altri; era questa una necessità che avevo ben inteso e che era evidente a tutti, nonostante un gruppo esiguo di oppositori cercasse ancora di dimostrare che Amyst sarebbe stata meglio nell'isolamento che nel caos dei molti legami.

Vagando per la sala, il mio sguardo incrociò quello di una donna bionda, che non avevo mai visto prima; sedeva in uno dei posti riservati agli anziani del Cerchio, vestita interamente di bianco e con un sottile diadema sulla fronte. Mi sorrideva leggermente, con aria gentile.
Poco distante da lei, Turisas taceva con aria soddisfatta, ancora sogghignando per la vittoria di poco prima. Notai che subito dietro di lui c'era un uomo dal volto abbranzato, nascosto quasi interamente dal buio della sala. Halo mi trasmise vibrazioni chiarissime circa la sua provenienza dal piano materiale e anche circa la sua stretta affinità con Turisas. Sembravano forgiati dallo stesso conio.

Quando finalmente l'opposizione fu fatta capitolare e tutti furono concordi, sebbene con differenti gradi di convinzione, nella decisione di rafforzare le connessioni con gli altri piani, il consiglio si sciolse.
La donna che mi aveva sorriso uscì tra i primi; anche i miei amici se ne andarono subito e con un cenno mi fecero intendere che ci saremmo incontrati dopo. Turisas e il suo compagno mi sfilarono davanti con aria di sfida ma non dissero nulla.
Lasciai che la maggior parte delle persone si allontanasse, perchè desideravo farmi notare il meno possibile. Quando la sala fu quasi vuota, uscii anch'io.
Nei giardini circostanti la sala, incastonati come gioielli verdissimi nel candore della roccia sul mare, trovai la donna che prima mi osservava: mi stava aspettando e mi accolse con un sorriso, invitandomi a sedere con lei nel parco.
Sembrava molto giovane per essere un membro del Cerchio, ma sapevo bene che l'età apparente spesso non coincide con quella reale. "Non sentirti in imbarazzo", mi disse; ma io mi sentivo bruciare le guance e non riuscivo a guardarla negli occhi. Senza preavviso allungò le mani verso le mie, ormai tornate normali, e le strinse con delicatezza. Disse: "Tu hai un dono grande, portalo con orgoglio. Se imparerai a usarlo bene sarà di valore inestimabile, diverrà la cosa più preziosa per te."
Il suo gesto mi terrorizzava. Se le lame fossero sfuggite al mio controllo e fossero uscite, cosa le avrei fatto? Provai a ritrarre le mani, ma lei le le trattenne. Le fissai gli occhi in volto implorando che lasciasse la presa e mi accorsi che mi osservava con aria dolce, come se capisse molto bene come mi sentivo e sperasse potessi imparare dai miei errori. Per qualche istante non seppi più cosa pensare; restai a fissarla senza parole anche mentre mi sorrideva di nuovo e mi lasciava, allontanandosi nel folto degli alberi.
Mi resi conto solo in seguito che non conoscevo neppure il suo nome.

Esordio nel consiglio

Sedevo nell'ombra. Per la prima volta dal mio arrivo in questo piano occupavo uno dei posti riservati ai Dyia.
Ci trovavamo nella grande sala circolare, scavata nella pietra viva della rocca nel mare, che come un grande dente candido si innalzava a breve distanza dalla costa tra le onde. L'ambiente era scuro e ampio, piccole finestre permettevano alla luce del giorno di entrare a lame sottili, che attraverso le alte volte andavano a conficcarsi spietate nel pavimento e a malapena rischiaravano i volti dei presenti. I passi degli stivali sulle lastre levigate del pavimento creavano un'eco profonda e cupa, come anche il rimbombo delle parole più forti.
Per la prima volta indossavo le mie vesti ufficiali: abiti neri di fattura semplice, ornati unicamente dal cuoio delle due cinture e quasi completamente nascosti dall'ampio mantello che mi ricadeva dalle spalle. Il collo dritto degli abiti era di vaga foggia orientale.

Aveva la parola Turisas, che stava conducendo un duro attacco alla scelta del Cerchio circa il mio incarico di connessione con il piano materiale. Andava elencando le gravi mancanze che a suo parere rendevano la mia persona inadatta a svolgere il compito, tra cui la carenza di decisione, l'eccessiva simpatia per il mondo materiale e la mia propensione a sperimentarne i piaceri, che temeva mi avrebbero fatto dimenticare il dovere affidatomi dalla gente di Amyst.
Sorrisi con rabbia. Turisas mi conosceva nel vecchio piano, dove insieme vivevamo e serviviamo il nostro signore, ma non aveva ancora avuto modo di incontrami in questo, dopo la rinascita dalla montagna dei corvi. Non ci amavamo in precedenza e non ci amavamo ora.
L'operazione di connessione svolta con Hebe in mattinata mi aveva infuso energie ed emozioni forti, difficili da controllare. Ero di umore cupo, rabbioso: il malessere psicologico, originato dallo stress dei nuovi stimoli non ancora inseriti in una cornice emotiva riconoscibile, mi aveva portato un'elettricità fisica difficile da dominare, un'irrequietezza
litigiosa che Turisas avrebbe fatto meglio a non stuzzicare.
Quando nella sua filippica mi rimproverò la mancanza di energia e la mia incapacità di combattere (e per quanto riguarda il passato ammetto che aveva perfettamente ragione) la rabbia che avevo in corpo esplose. Balzai in piedi dal mio posto e lo avvicinai con decisione. La sua mole era quasi due volte la mia, ma sapevo bene che molti altri fattori diversi dalla mera forza fisica giocavano a mio favore. Sentii le lame allungarsi dalle mani mentre esclamavo: "Desideri misuare tu stesso le mie capacità?"

La sua espressione inizialmente fu sorpresa, poi per un secondo irosa, ma dopo un attimo ancora un sorriso scaltro gli distese i lineamenti. Si volse e riprese il suo posto tra le ombre ai bordi della sala, come se il mio intervento avesse detto quanto ancora restava da dire per rafforzare le sue argomentazioni.
Osservai i volti severi e preoccupati degli anziani del Cerchio e mi resi conto di aver commesso un grave errore. La prima e più importante regola per un Dyia recita: 'Esistono solo tre modi onorevoli per utilizzare la spada: non sfoderarla, mondare il proprio spirito, dar corso al volere di Dio'. Uno scatto d'ira nella sala del consiglio, armi in pugno, non era in elenco.
Chiusi gli occhi e respirai a fondo. Le lame si ritraevano lentamente. Porsi le mie scuse al consiglio e ripresi il mio posto, sentendo che gli sguardi di tutti mi accompagnavano. Desiderai di poter nascondere le mani deformate dalle lame che loro fissavano, ma era giusto invece che rimanessero lì, esposte, a farmi provare vergogna. Così che ricordassi in futuro di riflettere prima di sfoderarle.

Uno degli anziani prese la parola e rispose garbatamente a Turisas che la decisione era stata presa solo dai membri del Cerchio, senza interpellare il consiglio, poichè inerente a questioni della più stretta attinenza all'equilibrio del piano, a cui loro erano inscindibilmente legati e di cui rispondevano direttamente.
I discorsi proseguirono su altri argomenti, ma ancora per diverso tempo non riuscii a concentrarmi su null'altro che le lame, che piano piano tornavano a sparire sotto la pelle.

L'apertura del legame

Hebe mi accompagnò in una stanza isolata, arredata da macchinari elettronici di ogni tipo di cui non conoscevo la funzione.
"Sarà sgradevole l'inizio", disse con aria quasi mortificata, "ma una volta stabilita la connessione non dovrebbero più esserci disagi"
Mi fece prendere posto su un tavolo di metallo e mi collegò diversi cavi: nonostante l'operazione nell'insieme desse un'impressione poco rassicurante, pure mi fidavo completamente di Hebe, sapevo che non avrebbe mai fatto qualcosa che potesse nuocermi.
Mi disse di provare a dormire e io chiusi gli occhi: il buio dietro le palpebre era attraversato a sprazzi da immagini fuggevoli, come rischiarato da lampi veloci. Tra un nero e l'altro, appariva una stanza bianca arredata con pochissimi mobili, le cui pareti formavano angoli acuti ed ottusi. I flash divennero via via più frequenti, fino ad assumere la cadenza del lampeggiare di un neon che mi sfarfallava sopra la testa. Dopo qualche attimo di smarrimento mi resi conto di trovarmi in una stanza chiusa, piuttosto piccola, il mio corpo rannicchiato in un angolo a terra. Sentivo la pressione di Halo e delle lame, ma nessuno di questi oggetti era visibile, come se esistessero in una forma che in questo piano non potesse essere percepita.

Mi misi a sedere e vidi che la porta si apriva: in ordinata fila indiana, silenziosa, entravano sette persone dal volto pallido, segnato da occhiaie e rughe. Erano tutte donne e tutte vestivano un abito intero di colore scuro che le copriva fin sotto le ginocchia, mentre il resto delle gambe era avvolto in calze pesanti e bianche. Portavano i capelli pettinati allo stesso modo, divisi al centro e raccolti in due lunghe trecce nere. L'unica traccia di colore in loro era il tenue rosa delle labbra.
Presero posto sul divano nell'angolo e sempre in silenzio mi osservarono attentamente.
"Chi siete?", chiesi.
Loro risposero: "Demoni"
Parlavano tutte insieme, con voci dissonanti ma coincidenti per ogni sillaba, come se attraverso molti corpi comunicasse un'entità sola.
Sorrisi. Mi sentivo male e non riuscivo ad alzarmi in piedi, ma sorrisi della loro risposta, non saprei dire perchè. In quel momento Halo di scaldò molto e la mia visuale divenne sfocata: ai volti dei demoni identici si sovrapposero diversi volti umani, alcuni familiari altri sconosciuti. Compresi che in ogni demone stavo vedendo alcune delle persone attraverso cui vivevano nel piano materiale. Da ognuno di essi, nonostante l'aspetto uguale, venivano ora delle vibrazioni differenti. Disillusione, egoismo, dipendenza, paura, indecisione, falsità, arrivismo. Attrverso Halo capii che quelle erano alcune delle forme dei demoni più potenti del piano materiale, quelli che più di ogni altro avrebbero incatenato in basso le sue energie.

Con un sobbalzo mi riscossi e realizzai di essere di nuovo nella stanza con Hebe. Respiravo a fatica, qualcosa sembrava soffocarmi. Lui venne a scollegare i macchinari che avevo intorno e mi disse che tutto era andato bene ed avevamo finito.
"Ora la connessione diretta tra te e il piano materiale è stabilita. Ora dovresti poterti spostare più su questo e quel piano a seconda della tua preferenza"
Riprendendo fiato mi chiesi se lo stesso legame fosse stato stipulato anche con altri, o se lo sarebbe stato in futuro. Mi dissi che lo avrei scoperto presto: se davvero qualcuno nel piano materiale era stato connesso a quello di Amyst presto sarebbe arrivato tra noi.

giovedì 27 agosto 2009

I due ambasciatori - Alleanza

Li trovai nel giardino.
Era appena sorto il mattino e l'aurora rosata si rifletteva sulle foglie e vi penetrava, creando un incanto di fili eterei che sembravano congiungere direttamente il cielo al suolo. Sedevano tranquilli, apparentemente godendo della quiete del luogo e della fresca vitalità che sembrava pervadare ogni cosa, mentre in lontananza il mare si faceva sentire, sbattendo con voce forte e profonda contro la scogliera. Mi aspettavo ci sarebbe stato Shin con noi, invece eravamo soli. Sentii Halo riscaldarsi leggermente e affiorare sopra la pelle, probabilmente rispondendo alla miriade di piccole energie vitali di cui si andava animando la macchia di vegetazione che si stendeva a pochi passi da noi, nascondendo la costa alla vista. Sorrisi ai due ambasciatori e di nuovo notai che la loro pelle aveva una luminosità interna e candida; non scorsi invece tracce della visione che si era sovrapposta ai loro volti durante il nostro precedente incontro e pensai che forse lasciarmela scorgere era stata una loro iniziativa per comunicarmi rapidamente chi fossero.
E chi fossero, io lo avevo capito bene. Discendendti di una razza antichissima a cui non era permesso quasi a nessuno accennare ad alta voce, ne rappresentavano in veste ufficiale il popolo attuale, ma anche quello passato: due ambasciatori che portavano in sè il legame a tutti i loro fratelli viventi e non, a tutte le vicende accadute al popolo da cui provenivano, ad ogni loro singolo ricordo ed ogni desiderio. 'Ambasciatori del tempo', li chiamavano. Ed avevano ragione.

Si alzarono appena li raggiunsi e mi invitarono a seguirli tra gli alberi. Il loro legame con la natura doveva essere forte, ma la sintonia che Halo aveva stabilito con loro mi fece intuire che non era il contatto con la vegetazione che cercavano, quanto la visione del mare e della scogliera bianca. I loro passi si dirigevano infatti in direzione della costa vicina, confermando l'ipotesi, e camminando mi esposero il motivo del nostro incontro.
"Ci fa piacere che tu abbia potutuo incontrarci oggi. La scorsa volta le tue condizioni non ti avrebbero permesso di comprendere a fondo l'argomento di cui discorreremo, perchè qualcosa dentro te ancora non funzionava come avrebbe dovuto. Anche ora le tue vibrazioni non sono perfettamente armoniche, ma sono già molto più vicine a quelle naturali, e ciò è un bene" Come colpito da una curiosità improvvisa, quello dei due che parlava mi chiese cambiando leggermente tono, come per una divagazione: "Sai di cosa parlo, quando mi riferisco alla vibrazione naturale?"
Riandai con la mente alle percezioni che avevo avuto di quello che io chiamavo 'fiume': il grande corso vitale in cui si inseriva ogni essere e si armonizzava nel coro nella sua unicità. La vibrazione di tutto questo, io la percepivo come un fruscio dolce e al contempo acuto sempre presente in fondo ad ogni suono, come il continuo scivolare della sabbia in una clessidra senza fine.
Feci cenno di sì, lo sapevo.
"Molto bene", riprese allora lui, "posso dirti francamente il motivo di questo incontro: vorrei parlarti delle energie a cui ti sei connesso e ancor più ti connetterai in futuro nel piano dove rappresenterai la tua gente"
Si riferiva al piano materiale di cui avevo discusso con Sadrath poco prima. Feci cenno di aver capito a cosa si riferisse e lo invitai a proseguire.
"Il mio popolo è estremamaente legato a quel piano, perchè la nostra storia si è intrecciata nel profondo con quella di quei luoghi. Non ti nasconodo che non sempre la mia gente vi ha operato nel bene, ma il nostro desiderio sincero è l'innalzamento di quel piano e la sua crescita energetica, fino a ritornare agli antichi splendori. Come hai potuto capire, noi rappresentiamo ben più che il nostro popolo attuale: in noi è raccolta la storia stessa della nostra gente. Ed è con questarappresentanza che noi due ti riconosciamo fiducia nell'operare sul piano materiale. La nostra gente non ti sarà nemica e non ostacolerà il tuo operato, da questo momento in poi contaci tra i tuoi alleati e non tra i tuoi nemici"

Aveva pronunciato le ultime parole con solennità, quasi fossero una sorta di patto rituale. Con la stessa solennità mi inchinai e li ringraziai, sentendo nel momento stesso aumentare il calore di Halo ed espandersi un confine lontano dentro di me, come se i miei spazi interiori si fossero fatti di un po' più ampi.
Ci separammo. Loro proseguirono in direzione della costa, il passo leggero e l'aura eterea di raggi chiari che si spandeva dal petto.

Il mio compito

Era ancora notte. Dopo che Vin fu andato via calcolai di avere ancora qualche momento di solitudine prima di recarmi all'incontro con gli ambasciatori e decisi di sfruttarlo per osservare lo spettacolo del cielo notturno, tanto bello da togliere il fiato. Stelle numerosissime si trovavano ovunque; luminose e di ogni grandezza sembravano bucare un manto di seta lavorata, che sfumava dal blu intenso dell'orizzonte fino al viola chiarissimo e lattiginoso della sommità. Un'incredibile concentrazione di vita sembrava raccolta in quel cielo, e mi pareva quasi d'obbligo pensare che ovunque, in quell'immesità di luci e soli lontanissimi, ci dovessere essere qualcuno che osservava affascinato come me l'infinità della notte.

"Uno spettacolo esaltante, non credi?"
Mi volsi di scatto in direzione della voce e scoprii che accanto a me c'era Sadrath. Non lo avevo sentito entrare, anzi mi chiedevo come potesse trovarsi lì, visto che la porta era chiusa e non c'erano altri ingressi. Lui sembrò capire la mia perplessità ma non mi diede spiegazioni, limitandosi a sorriderne.
"Sono qui per parlarti del tuo ruolo", disse poi tornando serio, "si tratta di un argomento importante, che finalmente sei pronto ad ascoltare"
Si riferiva evidentemente alla nuova luce che si era accesa in me e mi rallegrai che il mio gesto, sebbene avventato, avesse sbloccato la situazione di stasi in cui mi trovavo. Avevo avuto fortuna più che abilità, Vin me lo aveva lasciato intuire chiaramente, ma aveva funzionato.
Sadrath tornò a dire:"Come spero tu abbia già avuto modo di comprendere, questo piano sia connesso strettamente ad altri due piani: da un lato quello che viene chiamato 'piano materiale', dall'altro il 'piano etereo'"
Mi tornò alla mente il discorso di Umihan e silenziosamente la ringraziai per avermi trasmesso nozioni che ora mi risultavano indispensabili per comprendere Sadrath.
"Questo piano deve essere rappresentato anche sugli altri, oltre che governato qui. Tu fai parte dei quattro Dyia e come tale devi assumerti uno di questi compiti: il Cerchio ritiene che tu abbia ciò che occorre per rappresentare la nostra gente sul piano materiale, credi di poter accettare questo compito?"

Respirai a fondo.
Conoscevo bene il piano materiale, l'avevo visitato numerose volte ed era connesso al mio elemento in modo forte, inscindibile. L'alchimia, la scienza della trasformazione, è l'espressione più vera di un piano dove il ciclo della vita e della morte è lo scenario ed il motore soggiacente ad ogni esistenza.
"Si", risposi a bassa voce ma senza incertezze, "credo di poter svolgere al meglio questo compito"
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Mentre a me era stata assegnata la rappresentanza sul piano materiale, ad Hebe era stata assegnata quella sul piano etereo. Per occuparsi in modo continuativo di Amyst invece erano stati scelti Vin e Shin.
Tutto questo si accordava alla perfezione con i rispettivi elementi a cui ognuno di noi era legato: l'Alchimia per me era un canale diretto con il piano materiale, così come la Fede rappresentava per Hebe una connessione profonda con il piano spirituale. La Geometria di Shin e la Strategia di Vin erano infine gli elementi più indicati ad assicurare un buon equilibrio ed un'ottima capacità di azione nel nostro piano intermedio.
Il Cerchio, riflettei, aveva disposto in modo saggio le proprie risorse.

mercoledì 26 agosto 2009

Lame (parte 2)

Quando ripresi conoscenza mi trovavo nella grande vasca di pietra.
E' questo un luogo particolare, dove il calore delle acque è intenso pur senza essere nocivo o doloroso per la pelle. L'acqua bollente trasuda dalla pietra stessa che compone la grande vasca rettangolare in un continuo, lento stillicidio inesauribile, senza alcun suono: questo rende silenzioso in modo quasi irreale tutto l'ambiente che, saturo di vapore, ricorda da vicino una landa avvolta nella nebbia.
Non è infrequente, immersi in questa vasca, raggiungere stati d'animo e condizioni dello spirito lontane dalla normalità e fuori dal controllo razionale. Spesso questo luogo è utilizzato espressamente per questo scopo, sperando che il raggiungimento di una maggiore libertà mentale ed un distaccamento temporaneo dal proprio corpo sia d'aiuto alla comprensione ed alla riflessione circa problemi altrimenti difficili da affrontare.
Ma la meditazione non è l'unico scopo della vasca. Al contrario, non di secondaria importanza è anche la sua finalità terapeutica: l'immersione nelle acque di misteriosa origine che contiene risulta in moltissimi casi benefica per il fisico e molto rigenerante, fin quasi a sembrare miracolosa.

Quando aprii gli occhi e realizzai dove mi trovavo, subito capii che qualcuno doveva aver trasportato il mio corpo fino a lì dopo averlo trovato svenuto sotto la finestra dove avevo tentato di utilizzare le lame su di me.
Ricordando improvvisamente i dettagli di ciò che era accaduto, d'istinto mi analizzai le mani e scoprii che erano ritornate alla loro forma usuale, senza traccia della presenza delle lame. I bracciali rilucevano sottili sui polsi, in apparenza nulla più che piccoli ornamenti argentei. Mi tastai il fianco che avevo penetrato poche ore pima, ma anche lì non scoprii che un vago indolenzimento, assolutamente privo di qualsiasi segno visibile dell'impresa tentata. Sembrava un dolore dormiente, nascosto sotto la carne e i muscoli, che per ora rimaneva remoto ma che qualche movimento o pensiero repentino avrebbero potuto risvegliare senza difficoltà.
Dalla nebbia accanto a me, una sagoma si avvicinò, piegandosi sulle ginocchia fino ad avere il viso vicino al mio.

Vin mi scrutava con aria indagatrice, cercandomi qualcosa negli occhi. Doveva essere stato lui a trovarmi ed ora forse cercava di capire se si fosse trattato di un mio errore o qualcosa di voluto, se fosse stato un mio esperimento sfuggitomi di mano oppure qualcosa di ponderato. Nemmeno io avrei saputo dirlo.
Distogliendo gli occhi dai miei disse: "Hai una luce nello sguardo che sembra accesa in lontananza"
Aveva ragione, così mi sentivo. Come se il tentativo di risvegliare in me quella luce che ancora era bloccata fosse riuscito solo in parte: si era accesa, ma era flebile e distante, più simile ad un faro scorto da lontano che ad un fuoco vivo e bruciante. C'era ancora del lavoro da fare, ma almeno qualcosa era cambiato.

Mi aiutò con genti delicati ma decisi ad uscire dalla vasca e rivestirmi. Non stavo male, ma avevo la sensazione di muovermi non in perfetta sincronia con il mio corpo. Sulla pelle notai molte più piume nere della volta precedente, concentrate soprattutto sulle spalle e sulla schiena, ma la cosa non mi turbò. Non saprei dire per quale strano meccanismo mentale, consideravo normale la mia somiglianza a volte più a volte meno marcata con un corvo: lo percepivo come un aspetto misto al mio essere che ad intervalli si mostrava.
Gli abiti che mi aiutò ad indossare erano diversi dal solito. Sempre di colore nero, ma tagliati e lavorati meglio, come se fossero stati creati con più cura, su misura per me. Trovai che mi stavano bene.
"Preparati con cura", disse Vin; "hanno chiesto di te gli ambasciatori"